Fatta!
La prima regata con Zhora è andata! Avevo coltivato l’idea di fare proprio questa regata, perché era stata la mia prima regata d’altura, con Razza Clandestina, ed anche la mia prima navigazione notturna, nel 2013. Insomma una serie di segnali mi spingevano ad iniziare con Zhora proprio da qui, e da armatore. MI fa sempre sorridere definirmi tale.
Zhora ha gareggiato, sempre nella stessa categoria IRC (International Rule Club), dal 2012 con diversi piazzamenti (87, 51, 43, 49, 35) fino al venticinquesimo posto di quest’anno. Ed un terzo in IRC D (su quattro, va detto 🙂 ). Io sono molto soddisfatto.
Per il terzo posto mi hanno anche premiato.

La cosa divertente è io non ci contavo, e non avevo previsto di andare alla premiazione. Passavo di la per caso, diretto finalmente a fare una doccia, ed ho sentito il nome di Zhora e mio e sono salito sul palco, ancora come ero arrivato e con il borsone recuperato in macchina. Infatti l’incravattato è rimasto a distanza di sicurezza :-).

E’ un ottimo inizio. Ed anche se le regate non mi interessano molto, sono stato contento di averla fatta.
L’equipaggio, di amici, è stato il pezzo forte di. Ci siamo divertiti assieme. Ed ho avuto la fortuna di avere a bordo persone competenti, gentili, con le quali è stato un piacere passare tre giorni. A volte in barca si crea quell’atmosfera dove scattano urla ed insulti che, in genere restano li e finiscono appena si mette piede a terra, che dal mio punto di vista non servono a nulla.
Ho sempre navigato da equipaggio sulle barche, e mi sto lentamente abituando ad avere l’ultima parola sulle decisioni. Non che lo rivendichi, ma in alcune situazioni è giusto che sia io a decidere. Per la prima volta ero al timone ad una partenza con un’ansia indescrivibile. I passaggi sono concitati, le precedenze chiare e definite, ma sai solo dopo l’incrocio se lo erano anche per l’altra barca. Gli altri in questo mi hanno dato una mano grandissima rassicurandomi. Insomma una lenta crescita e messa alla prova costante.
Come tutto quello che faccio, non scelgo mai situazioni dove sono a mio agio, spingo sempre oltre il mio limite conosciuto le attività da fare. Sto iniziando a riconoscermelo adesso, ed è una cosa che mi piace, che mi stimola più di altro. Non mi sembrava, ma alla fine è così.
A questo giro mi ero liberato dell’alibi che la competizione non mi interessava. Volevo fare bene, volevo un piazzamento. Lo abbiamo ottenuto nel raggruppamento IRC D, ma non era quello che mi aspettavo. Ero consapevole di alcuni limiti, poche vele di prua da usare. Gli strumenti nuovi e con i quali non avevo quella dimestichezza richiesta, il poco tempo di preparazione. Ma lo stesso io, e gli altri, eravamo li per fare bene, meglio di quello che potevamo, e così è stato. E senza neanche un’uscita di allenamento.
La vela è diventata la mia metafora preferita, mi sta insegnando tantissimo per la mia vita a terra e questo passaggio agonistico mi ha dato ulteriori spunti che metterò a frutto sia per le prossime regate, ma anche per le prossime attività da fare.
E’ passata una settimana dalla regata, e ci ho messo un po’ a mettere in fila pensieri ed emozioni vissute in tre giorni davvero intensi. La bellezza vista durante la navigazione è impagabile, le albe, i tramonti, o la navigazione di notte regalano sempre emozioni stupende. E qualche delfino al tramonto ha fatto il resto.
E’ stata una regata caratterizzata da poco vento, bonaccia a volta. Dove stai fermo, aspetti il vento o, spesso, nervosamente fai delle cose nella speranza che queste possano farti muovere, anche se sai che dovrai aspettare che il vento si decida a soffiare. Questi sono i momenti più duri, dove non puoi fare niente. Riposarti ed essere pronto a cogliere il minimo cambiamento, il minimo segnale. Ci siamo piantati, come previsto, a ridosso della Gorgona che avevamo deciso di lasciarci a sinistra. Abbiamo passato quasi l’intera notte sempre li. Poi dopo un bel passaggio della Giraglia, finalmente l’ho vista, abbiamo navigato verso l’Elba, arrivando verso sera al cancello di Fetovaia, dove man mano che si arrivava ci si piantava li. Era ormai buoi ed avevamo tutti le luci di via accese, e visto che dovevamo passare da un imbuto, eravamo tutti vicini, fermi con qualche oscillazione sentendo reciprocamente le voci delle altre barche. Un momento suggestivo se non ci fosse stata la stanchezza e la difficoltà a trovare la maledetta barca comitato che faceva da cancello per farci prendere il passaggio. L’Ultima bonaccia prima dell’arrivo davanti a Punta Ala, l’ultima prova di pazienza prima di passare la linea di arrivo ed ormeggiare in porto e farci una birra tutti assieme.


Qualche foto di quest’avventura


















