Astinenza

Affronto subito il tema estetico, tanto lo so che la vostra attenzione è li. Ho il piede piccolo, uno scarso 37. Ho scoperto troppo tardi che avrei dovuto fare il calciatore, ma ormai sono fuori tempo massimo per farmi piacere questo sport, che ho evitato da sempre, e per fare un sacco di soldi. Non cambia il fatto che io trovi solo scarpe da donna per correre. Nulla di male, salvo che, a volte, gli stilisti sono chiaramente misogini e creano scarpe di colori improbabili. Queste in foto sono le ultime, che non sono neanche tanto male :-).

Tornando all’astinenza invece, oggi ho deciso che volevo riprendere a correre. Non sono ancora la 100% della forma, ma non ne potevo più, dovevo farlo, ne sentivo il bisogno. E così stamattina sono finalmente uscito a fare i miei soliti tre giri dell’isolato milanese.

Mentre scendevo le scale di casa, ho pensato che, in questi scarsi due mesi senza correre, mi ero disintossicato. Avevo tolto la necessità di alzarmi tutte le mattine per correre circa 10 km ad un buon ritmo. Fanno 300 km al mese, 3600 km l’anno, circa. Anche perché a volte faccio anche dei lunghi fino a 20, 25 km. Per pensare più a lungo, per assaporare le sensazioni che mi regala il mio corpo.

Questa cosa della necessità ricorda la dipendenza, che va soddisfatta per poter stare bene. In fondo il meccanismo è lo stesso. La corsa fa bene, il corpo si trasforma, entra in uno stato di benessere, di stanchezza sana, benefica. Ci si abitua presto ad una cosa del genere. E non è facile convincere il proprio corpo e la propria mente a farne a meno. Qualche giorno si può fare, dopo devi proprio importelo, mettendo sul piatto le possibilità future di fare di più.

E pensare che io sono sempre stato considerato da tutti un pigrone, uno poco atletico, poco incline allo sport. Questo mi portava a muovermi di meno e, alla fine, ad essere poco incline come richiesto.

Adesso ho un’energia che non mi riconosco, ma che amo e difendo con tutto me stesso.

Correre è il mio momento di meditazione personale. Non uso mai le cuffie e, in genere, preferisco farlo da solo.

Ascolto le mie gambe, il rumore delle mi scarpe che battono sul terreno, ed inizio a pensare. A qualsiasi cosa, al corso che devo fare, alle attività che sono li ad aspettarmi per essere fatte e finite. A quella chiacchierata che non si è ancora conclusa. A qualche idea che mi serve per il mio prossimo workshop. A qualche cosa che mi sto ripromettendo di fare, o ho appena iniziato.

Correre mi permette di concentrarmi al massimo su quello che mi serve fare, su quello che mi piace fare, e su quello che desidero.

A volte sono anche più leggero, ed osservo solamente quello che mi circonda. In questo caso il mio quartiere. Osservo i cambiamenti, le persone che vanno al lavoro, o da qualche altra parte. Ci sono gli incontri casuali, e quelli abitudinari che passano, come me, nello stesso posto ed alla stessa ora.

E’ proprio bello salutare queste persone che sono tra lo sconosciuto e l’amico, ma che danno l’impressione di poter diventare molto di più.

Correre è anche il modo che uso per conoscere posti nuovi. Da anni ormai metto sempre in borsa le mie scarpette colorate e la mattina inizio ad esplorare il circondario per vedere il posto dove mi trovo. E’ l’ideale, perché mi alzo presto, perché trovo poche persone in giro, scopro posti nuovi.

Oggi qualche dolorino mi è venuto, ma sono felicissimo della mia corsa.

Nel 2007, dopo aver fatto la maratona di New York le persone che incontravo mi chiedevano per prima cosa se avevo partecipato alla maratona, deducendolo dalla mia claudicante e precaria deambulazione.

Poi chiedevano se ero soddisfatto di quello che avevo fatto. Ho trovato questa formulazione splendida e molto rispettosa dell’altro, ed ho deciso di adottarla anche io.

Oggi è stato bellissimo, a domani

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