Eccola qui

La prima volta che ho navigato seriamente era nel 2014, in Bretagna, su un Sunfast 3200. C’erano con me degli amici molto cari, e con loro ho passato tre settimane in un mare non proprio dei più clementi. Sicuramente uno dei più affascinanti e belli.

Da allora ne è passata tanta di acqua, non sotto i ponti, ma sotto le chiglie delle barche su cui sono stato. Fino ad attraversare l’Atlantico nel 2017. Cosa che, come molti sanno, mi ha cambiato profondamente.

Certo, so andare per mare meglio del 2014, ma so andare per il mondo in modo sicuramente diverso da prima. Meglio o peggio non lo so.

Quando ho iniziato a salire su una barca stavo male, soffrivo di mal di mare. Il nostro elemento naturale (sembra ci sia stato un passaggio acquatico anche per gli essere che sono sulla terra ferma), mi chiedeva di abituarmi di nuovo all’incertezza, alle linee oblique invece che a quelle squadrate e prevedibili.

Ne ho fatto una interpretazione della mia vita, stare in equilibrio precario, avere un piede dentro ed uno fuori. Si sta rivelando una buona interpretazione, per adesso.

La naturale evoluzione, almeno per me, era quella di pensare ad avere una barca mia, una follia sotto tutti i punti di vista. Una barca necessita di dedizione e di tempo. Io faccio mille cose ed infilarci anche questa rappresenta sicuramente una bella sfida.

Ma c’è sempre un ma …

… la sensazione di libertà che provo a stare al timone di Zhora è incredibile. Le vibrazioni che la barra trasmette e che io devo ascoltare sono emozionanti.

Dopo aver fatto il salto in Bretagna e su un Sunfast3200 ho deciso che quella sarebbe stata la mia barca, perché un’oggetto di questo tipo deve prima di tutto emozionare. E per questo la razionalità deve, un po’, essere messa da parte.

Adesso inizia una nuova avventura che mi spaventa molto e mi eccita come un bambino per la voglia che mi fa venire di partire, senza sapere per dove.

Ho scelto una barca adatta a fare navigazione in solitaria, manca qualcosa per poterla fare adeguatamente ma ci stiamo attrezzando. Mi farà piacere ospitare amici e fare delle miglia assieme, ma la mia visione se chiudo gli occhi è io e lei.

A pensare a questo mio desiderio, capisco ancora di più, la mia natura “solitaria” anche se circondato da molte persone importanti per me. Non so se è paura di legarmi, voglia di esplorare, indomabilità.

Mi piace pensarmi con un’isola in un arcipelago, come chiude Marcus nel film About a boy, con la mia solitudine ed unicità di isola ma tenuto assieme ad altre da caratteristiche comuni, o anche soltanto la vicinanza.

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