Agitazione

Non posso citare qui la frase che un mio amico mi disse tanti anni fa sull’agitarsi, ma in sostanza evidenziava come, in alicune situazioni, agitarsi non faceva altro che facilitare quello a cui stavamo opponendo resistenza.

Quello che sto constatando adesso è proprio questo attegiamento: agitazione. Lo comprendo, è un modo per esercizzare la paura, tenerla lontana. Ma ha senso farlo? La domanda è, ovviamente, retorica, perché non ne ha affatto. Sarebbe molto meglio accoglierla e darle voce.

Probabilmente quello che ci direbbe è che ci stanno venendo meno le certezze che avevamo fino a qualche settimana fa; che non riusciamo ad immaginarci come sarà il futuro, e sopratutto non riusciamo a capire quando si paleserà questo futuro.

Oggi ho tenuto un corso online (davvero faticoso) ed un argomento sono i sistemi complessi e la volatilità del contesto attuale. Beh, purtroppo, questa situazione mi da innumerevoli spunti ed esempi di discussione. Al momento, se ci astraiamo, e guardiamo la situazione con distacco dall’alto, vediamo reazioni scomposte, locali, parziali, senza la minima idea di cosa potrebbe succedere ( per esempio, sembra ovvio che se riduci le corse dei mezzi pubblici ci saranno più persone, o se riduci l’apertura dei supermercati le code aumenteranno e ci saranno più occasioni di vicinanza, o se non fermi le attività produttive ci saranno più occasioni di vicinanza inutili), e stiamo agendo provando, ma senza fare nulla del feedback che ne riceviamo. Un modo vecchio di agire, senza considerare la minima possibilità di adattamento a contesto che cambia, anche in funzione delle nostre azioni che potremmo indirizzare meglio proprio leggendo quel contesto.

Ma tornado all’agitazione di questo periodo quello che vedo è la necessità, comprensibile, di attaccarsi al paradgma conosciuto per avere un’ancora familiare con la realtà.

Ma la realtà ci sta franando sotto i piedi, inesorabilmente. Questo non sarà necessariamente un male, ma sarà certamente un cambiamento che, al momento, non vogliamo vedere, e non vogliamo accettare.

Ci stiamo agitando adesso, senza prepararci al futuro sconosciuto che ci aspetta. Nulla sarà come prima, ma abbiamo paura ad ammetterlo a noi stessi ed agli altri.

Siamo in una situazione privilegiata, possiamo stare a casa, con tutte le comodità del caso e questo ci rassicura e ci distra dal pensare che quello che ci aspetta sarà radicalmente diverso da quello che conosciamo.

Quello che penso, è che, questa agitazione, sia il movimento che precede la calma piatta, la quiete. Ed è un peccato usare questo tempo per agitarsi invece che per prepararsi.

In barca a vela ho imparato che ogni movimento, ogni azione, è bene che sia misurata a momento e indirizzata al futuro. Non va bene sprecare energie e risorse per agitarsi, se ne potrebbe avere bisogno dopo senza trovarle.

So che non succederà, ma sarebbe il caso di fermarsi a pensare, ad ascoltarci, per accogliere le paure che ci attraversano e per rinascere da queste.

So anche, e di questo ne sono certo, che ci saranno tempi migliori, diversi da questi, ma migliori. E noi saremo li per viverceli intesamente.

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