“Scusi mi apre il tornello? Ho riconsegnato il badge e devo andare via.
E no, io non posso aprire, venga che gliene do uno provvisorio.
Scusi, non mi serve provvisorio e poi per venire da lei dovrei comunque uscire. Come facciamo?
Ah non so!
Guardi scavalco e vado via!”
un anno e qualche giorno fa (era il 31 luglio 2018) con questo dialogo tra me e la portineria si concludevano il mio percorso da dipendente per iniziarne un altro.
Mi potrei soffermare sul fatto che per definire un processo non basta saper fare un diagramma di flussso, o sul fatto che la realtà è ormai scomparsa da alcuni uffici, ma non è il caso.
Avevo deciso di cambiare per seguire la voglia di risvegliarmi dal torpore e tornare di nuovo in pista [ tempo fa avevo usato per descrivermi la metafora del periodo di manutenzione, ormai finito]. Avevo un piano, delle idee e voglia di fare.
Il piano è andato male, le idee sono rimaste e le ho seguite ancora di più. Sono stato capace di incassare il colpo basso, oddio se ne parlo ancora la sera rimango un po’ agitato nel sonno, di reinventarmi e di cambiare direzione, piani e tutto quello che c’era da cambiare ed anche qualcosa un più.
Adesso mi ritrovo, con gioia e soddisfazione, a fare una cosa che non avevo previsto, che mi piace e sulla quale mi sto misurando con convinzione.
Sento, e so, che anche questa è una tappa e non un traguardo, ed ho imparato ad essere pronto al cambiamento e ad accoglierlo con la migliore predisposizione, “welcome change” come dico nei workshop che adesso tengo.