Confidenze di un pomeriggio di mezza estate
Oggi fritto come di consueto ultimamente, ma questa volta di pesce, calamari e alici.


E con una bella bottiglia di bollicine locali che, nonostante la dichiarazione iniziale ” che compri a fare queste sofisticazioni” è finita!

Da tempo ho lasciato andare, da tempo ho scelto di trovare le mie conferme altrove, invece che sperare di vederle arrivare da mio padre. Mia madre non c’è più, ma anche lei era molto parca di “amore incondizionato”. Nessun dolo, era la loro migliore risposta per quel contesto per la loro storia, per le loro risorse. Su questo ho fatto pace con il mondo e con loro molto tempo fa.
La mia modalità di guadagnarmi l’amore degli altri è stata sempre quella di compiacere. Sono, meglio sono stato, usando un termine inglese molto chiaro, un pleasere. Ho imparato a compiacere, in italiano, per guadagnarmi accettazione, amore, almeno visibilità. Nel tempo, e con vari percorsi di psicoterapia ho ripreso contatto con il mio IO per sentire quello che mi piaceva e quello che volevo.
Compiacere ha il grosso vantaggio di essere la massima espressione dell’adattabilità. Ma ha il grosso svantaggio di farlo mettendo da parte i propri desideri, non riuscendo più ad identificarli. Mi va bene tutto è una delle tipiche frasi di un pleasere.
Con queste premesse è chiaro che ho passato la vita a cercare di farmi accettare da mio padre. Una persona che mi ha sempre detto di vestirmi bene, diciamo in giacca e cravatta. E poi, quando ho iniziato ad usare abiti su misura tre bottoni strappati, di sartoria napoletana, asole vere nelle maniche, mi ha redarguito dicendomi che potevo anche mettere uno spezzato, che l’abito era troppo serioso!

Con il tempo ho mollato. Ho smesso di cercare la sua approvazione. Ho imparato a discernere io, a mettere in conto il suo disappunto.
Da due anni a questa parte abbiamo passato molto più tempo assieme che negli ultimi trent’anni. Il codiv mi ha permesso di lavorare da qui per lungo tempo. Ho visto il suo umore rifiorire e tornargli la voglia di vivere, Ed io ho goduto della presenza di mio padre nella mia vita. Senza quell’ingombro che anni fa arrivava da Reggio a Milano saturando ogni spazio, fisico e mentale.
Qualche giorno fa, ho fatto i peperoni ripieni per la prima volta. Non sono venuti bene, alcune cose andranno modificate. Lui appena assaggiati ha detto che il ripieno si sbriciolava e non stava assieme. Io ho risposto che in effetti quando li preparava lui non succedeva!
Risate e lieto fine. Per ottenerlo ci ho messo decenni.
Oggi dopo alici e calamari fritti e, complice delle ottime bollicine calabre, il commento è stato:
Moscatino, tu sai vivere!
I miei pori si sono aperti per assorbire l’estasi di questo evento. Le mie sinapsi si sono intrecciate in u’orgia di neurotrasmettitori e ormoni. Ero felice come poche volte lo sono stato.
In quattro parole ho sentito la considerazione, l’approvazione, l’amore, il rispetto, dell’unica persona che mi ha dato filo da torcere, emotivamente, nella vita. Una persona rispetto alla quale ho preso decisioni contro, illudendomi di essere libero, ma restando ugualmente schiavo, ma con la negazione davanti.
Ho pensato che finalmente un traguardo era stato raggiunto. Uno non previsto, non cercato, uno proprio non considerato da anni. E proprio per questo da assaporare con tutto me stesso.
Non so se davvero so vivere. So che cerco in tutti i modi di vivere come desidero, come penso sia meglio per me. Non faccio programmi o progetti, è inutile. Mi concentro su quello che, in quel momento preciso, ritengo essere importante per me.
Il futuro è incerto ma io non posso fare nulla per cambiarlo, solo prendere quello che arriva.
